lunedì 5 marzo 2012

INAUGURAZIONE LAVORI SUL CORPO CENTRALE DELLA VILLA REALE

In merito all’inaugurazione dei lavori sul primo lotto funzionale, ovvero il corpo centrale della Villa Reale di Monza, osserviamo quanto segue:

• Poiché abbiamo ricevuto solo venerdì scorso il progetto definitivo, ci riserviamo di analizzarlo nel dettaglio prima di esprimerci nel merito.

• Nel metodo rileviamo l’usuale scarsa trasparenza che ha accompagnato l’intera vicenda, poiché il progetto non è stato finora estesamente presentato ai cittadini, sebbene il direttore del Consorzio avesse a suo tempo dichiarato che lo detto avrebbe fatto. Dagli stralci di dichiarazioni rilasciate alla stampa traspare un ottimismo non sostenuto da dati di fatto, proseguendo la stessa prassi usata dai diversi amministratori succedutisi nel tempo. Basti confrontare gli articoli comparsi dieci anni fa con quelli di oggi per vedere analoghe dichiarazioni roboanti che si sono accompagnate al degrado della Villa, senza mai arrestarlo.

• L’unico dato certo è l’improponibilità di paragonare la situazione della reggia monzese con quella di Versailles e nemmeno con quella di Venaria Reale. La garanzia che non si commettano errori irreparabili sotto il profilo strutturale e che la Villa Reale di Monza non diventi un contenitore di attività e manifestazioni non compatibili con la sua dignità storica e con la sua destinazione di bene paesistico, tutelato dall’art. 9 della Costituzione, è affidata a un Consorzio che conta in tutto tre dipendenti (un direttore, un dirigente di regione Lombardia e una segretaria part-time per un totale di spesa per stipendi di 370.000 euro, contro i 576.000 euro delle 16 persone che si occupano della gestione e della manutenzione dell’intero Parco) e che è pesantemente condizionato dai veti incrociati e della poca volontà politica degli enti che vi partecipano.

Richiamiamo gli amministratori alla loro responsabilità. La “messa a bando” dei beni culturali, così come si è fatto in relazione alla parte nobile della Villa Reale di Monza, non serve a un loro effettivo recupero né a fare in modo che il privato possa concorrere a salvare il nostro patrimonio culturale. Essa si traduce, invece, in una alienazione del bene medesimo senza alcuna capacità (o volontà) di controllo da parte dell’amministrazione pubblica, che abdica alle sue prerogative e non ottempera ai suoi doveri. Inoltre, quella della messa a bando in project financing è una forma che può favorire le clientele e la corruzione ed è rischiosa anche per il futuro del bene, perché si basa pressoché esclusivamente sul tornaconto che ne ricaverà il privato e, laddove questo non ci sia, può comportarne l’abbandono, come è avvenuto in moltissimi casi documentati dalla stampa.

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