Nella
recente visita alla Villa Reale di Monza, Philippe Daverio ha affermato che il
modo con cui si è realizzato "il dialogo fortunato e concreto tra
ente pubblico e privato" nel restauro della Villa Reale di Monza
dovrebbe costituire "un modello per tutta Italia" (MBNews, 8 settembre).
La
stessa cosa aveva detto l'AD Attilio Navarra di Italiana Costruzioni – di cui Daverio è consulente – in occasione della
cerimonia di fine lavori del restauro.
Ebbene,
è esattamente vero il contrario: si tratta di un modello molto vecchio e che
occorre augurarsi non si ripeta più.
Una
collaborazione " fortunata e concreta" tra pubblico e privato
dovrebbe infatti svolgersi nel modo seguente:
1.
Il privato dovrebbe intervenire alternativamente:
a.
Come "mecenate", mettendo i capitali per l'esecuzione
dell'opera, e ottenendo da questo atto di liberalità un ritorno di
immagine (che non è privo di contenuti economici): ricordiamo a tal proposito
l’esempio della campagna “adotta un monumento” attuata dal ministero per i Beni
Culturali in Francia, che ha consentito il restauro della Galleria degli
Specchi e delle statue dei Giardini di Versailles e che sta proseguendo con
successo estendendosi ad altri monumenti e dimore storiche.
b.
Come esecutore materiale dell’opera, secondo le indicazioni ricevute dal
pubblico dopo un regolare concorso.
2.
Il pubblico dovrebbe dettare strategie e progetti ai quali il privato
dovrebbe attenersi e controllare che nell'esecuzione vengano rispettati.
Nel
caso della Villa di Monza nessuno di questi criteri fondamentali è stato
rispettato.
a.
I capitali sono stati forniti per la massima parte dal pubblico (19 milioni su
24 da parte della Regione).
b.
Il pubblico (il Consorzio Villa Reale e Parco di Monza) non ha fornito nessuna
indicazione sul restauro, su come esso si colloca in un programma di
recupero del complesso Villa-Parco, sulla gestione delle parti
restaurate. Difatti: il Consorzio non ha mai redatto il Piano strategico e i
programmi pluriennali previsti dallo Statuto; non è stato costituito il
Comitato Scientifico che, sempre secondo lo Statuto, dovrebbe assistere gli
organi operativi del Consorzio.
c.
Incredibilmente, è il concessionario che si è dotato di un sedicente
Comitato Scientifico, in cui rientra lo stesso Philippe Daverio che, dunque,
non è un consulente super partes.
d.
In cambio della modesta e opinabile quota degli investimenti fornita dal
privato, questi ha ottenuto la gestione per 22 anni del corpo centrale della
Villa, con la più ampia facoltà di scelta circa il suo utilizzo e con il
profitto come criterio primario di scelta.
In
conclusione, il pubblico (il Consorzio) si presenta, per la gestione del corpo
centrale della Villa, come la "mosca cocchiera" di una
carrozza le cui destinazioni saranno i cavalli a sceglierle. Non a caso,
l'AD di Italiana Costruzioni ha già prospettato la destinazione della parte
Nord della Villa (candidandosi naturalmente alla sua gestione): un albergo di
lusso.
Circa
la novità del "modello", purtroppo non esiste affatto, specialmente
per quanto riguarda La
Villa Reale e il Parco di Monza. E' un modello che ormai ha
quasi un secolo, ed è stato disastroso per il monumento: è quello adottato per l'autodromo,
il golf e le altre concessioni nel Parco storico. Sostanzialmente è una quasi
alienazione e una lottizzazione del monumento. Come farà la mosca cocchiera a
guidare tante carrozze?
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